![]() |
SO - 1986
Red rain - Sledgehammer -
Don't give up - That voice
again - In your eyes - Mercy street - Big time - We do
what we're told
Il lungo lavoro condotto fianco a fianco da Peter Gabriel e dal
produttore Daniel Lanois (con già all'attivo The Unforgettable Fire degli U2,
uno dei maggiori successi del gruppo irlandese) per la stesura della colonna
sonora del film Birdy prepara la grande svolta commerciale dell'ex cantante dei
Genesis: dopo ben quattro anni d'attesa e ben due date di
pubblicazione previste (e successivamente rimandate) viene alla luce So, il primo
album dotato di una sorta di titolo, che ha definitivamente consacrato Gabriel come
artista di fama mondiale (doppio disco di platino negli Stati uniti e cinque
milioni di copie vendute in tutto il mondo [08],
di cui centomila solo in Italia [12]).
Il risultato è conseguito grazie
agli scintillanti singoli tratti da questo album ma anche
grazie ad altrettanto indovinati videoclip: i cortometraggi di Sledgehammer
e Big Time (che vede alla batteria niente meno che l'ex Police Stewart Copeland)
sono realizzati con accelerazioni di riprese effettuate fotogramma per
fotogramma, affettando sculture in Pongo a strati o con sequenze di
disegno a gesso su lavagna, e saranno programmati "a raffica"
sul compianto canale televisivo Videomusic.
Discorso a parte, invece, per Don't
Give Up: un coraggioso inno contro la disoccupazione cantato nuovamente in
duetto con Kate Bush, supportato
però da una base sonora generalmente molto sopravvalutata e da un video ancor
meno all'altezza della situazione (i due vengono ripresi intimamente
abbracciati in sei interminabili minuti di inquadratura fissa, suscitando
peraltro pettegolezzi a non finire). Tra gli altri ospiti di fama:
Jim Kerr dei Simple Minds e
Youssou N'Dour, allora debuttante in Europa (diverrà poi celeberrimo con
Seven Seconds in duetto con Neneh Cherry) ma già grande stella della musica in
Senegal.
We Do What We're Told si ispira agli esperimenti di Stanley
Milgram volti a verificare fino a che punto gli esseri umani siano disposti ad
infliggere dolore fisico al prossimo, se ciò gli viene semplicemente "ordinato"
nell'ambito di un esperimento scientifico
[18]; curiosamente, è lo
stesso tema a cui si ispirò Mike Rutherford nella sua Just a Job to Do inclusa
nell'album "Genesis"
[15].
Il brano d'apertura Red Rain e la superba Hear That Voice Again (che chiude il
primo lato ed è una delle preferite in assoluto dall'autore stesso
[18]) sono i due capitoli conclusivi della parabola dell'alter-ego Mozo,
serie progettata a partire dagli anni settanta e centellinata album per album
[08].
Assieme agli altri pezzi - tutti a loro modo eccezionali - di questo mosaico,
vanno a comporre un'opera splendida sotto ogni aspetto e godibile dalla prima
all'ultima nota.
Nonostante ciò, la svolta di Peter
Gabriel verso una musica meno integralista fece storcere il naso a non pochi stimatori dei suoi primi quattro
album soprattutto perché, sebbene il cantautore abbia più volte
dichiarato di non aver premeditato il cambiamento di rotta
[08]
[18], l'operazione
apparve chiaramente pianificata a tavolino. Molti, sicuramente,
attendevano con un sorriso sardonico l'acquisto di lussuose dimore all'estero e l'apertura di conti
cifrati in Svizzera e a Montecarlo. Il cantautore userà invece
tutti gli incassi dell'album per
fondare la sua etichetta personale "Real World" - orientata verso
forme musicali provenienti dal mondo intero - la cui prima
pubblicazione sarà fatalmente proprio la colonna sonora "Passion"
realizzata in collaborazione con decine di artisti africani (e non) ad uso del lungometraggio "L'ultima tentazione di Cristo" di Martin Scorsese.