Come mi aspettavo ci sono state luci ed ombre nella serata torinese di venerdi', a cui ho avuto il piacere ed il privilegio di assistere assieme a Salmacis, papa Mino I° e lo "Zampa", con la gradevole compagnia delle rispettive consorti.
Le mie aspettative erano talmente basse che - mi dicevo - alla fine mi piacera' molto piu' di quanto mi aspetto! Invece, alla fine, il concerto m'e' piaciuto esattamente quanto m'aspettavo, cioe' abbastanza ma non tantissimo.
La cosa piu' positiva e' stata constatare il rispetto che Peter ha per il suo pubblico: porta un gran rispetto per chi gli sta davanti, di fianco e dietro (alla fine l'elenco dei ringraziamenti non finiva piu' e includeva anche gli autisti dei camion!) e la cosa si vede e fa piacere. Ha dialogato moltissimo col pubblico leggendo o improvvisando lunghi e circostanziati discorsi in italiano. Purtroppo ha pero' dato anche l'impressione di fare questi concerti prevalentemente perche' sa che il suo pubblico lo aspetta e vuole vederlo: davvero non sembra che faccia piu' molto per se stesso, per soddisfazione personale, per compiacersi della propria arte. Sembra faccia moltissima fatica a stare sul palco e che sia li' quasi come forma di cortesia verso chi lo segue. E' molto fuori forma (niente di nuovo anche qui); sembra che qualunque movimento gli costi fatica e lo spettacolo ne risente. Tristo (con la "o") anche l'abbigliamento: quella sorta di pastrano scuro senza maniche (mio nonno si metteva qualcosa di simile per dare il verderame alle viti; ma perche' Peter, perche'?!?). Sorrisi e momenti in cui si vedeva che era "gasato" davvero pochissimi.
Ha riservato per l'apertura del concerto di Torino una canzone nuova (ripetuta poi anche a Bologna): What Lies Ahead. Credo che anche questo significhi gratitudine verso il pubblico italiano, probabilmente una gratitudine di lunga data e che ha radici negli anni '70. Non ho capito molto del testo ma mi sembra di poter dire che sia in larga parte incompleto, con strofe sostituite da vocalizzi temporanei. Non si puo' dire che la canzone non sia bella ma e', nuovamente, un super-lento con tanto d'archi. Pur avendo molto apprezzato l'omaggio riservato alla mia citta', non e' esattamente quello che vorrei sentire da Peter Gabriel, il Signore del Ritmo.
Elemento dopo elemento l'organico presente sul palco e' cresciuto. Devo dire che anche quest'idea della partenza al rallentatore non la trovo buona, personalmente preferisco i concerti che partono col botto (magari alla Def Leppard: tre pezzi tosti uno via l'altro senza nemmeno lasciar posto agli applausi). Pero' evidentemente per Peter e' una sorta di rito. Fatto sta che per corroborare l'atmosfera "soft" David Sancious si e' presentato con a tracolla una fisarmonica che sembrava non saper suonare: non ha mai toccato un tasto degli accordi bassi. E va beh.
Il concerto e' stato sostanzialmente suddiviso in tre sezioni: 1) la canzone nuova e qualcosa di semi-acustico 2) qualche pezzo misto dal vecchio repertorio 3) l'esecuzione integrale di So.
Peter Gabriel e' ormai completamente senza voce, ma questa non e' una novita'; da anni se ne discute anche se molti si rifiutano di vedere la realta' dei fatti. Praticamente tutti gli acuti li ha fatti in muto, con le due coriste che (non senza abilita') prendevano al volo e prolungavano la nota. Un terzo circa del concerto l'ha cantato un'ottava sotto. Clamorosi i casi di Digging in the Dirt, dove sono state raggiunte frequenze direi subsoniche (piu' che la voce si sentiva vibrare il pavimento) e Solsbury Hill, dove la seconda strofa piu' che cantata e' stata raccontata a voce in declamato.
Con buona pace dei talifan che hanno tanto criticato Steve Hackett, c'e' stato un uso grandioso di materiale preregistrato e di programmazioni. Tanto per dire: quando venivano eseguite le piccole coreografie con Rhodes e Levin (giravolte su se stessi), quest'ultimo letteralmente non toccava corda e lo si vedeva fin troppo bene. Come gia' detto per Steve, la moda attuale e' questa e non mettero' certo in croce Peter come non ho messo in croce Steve. Diro' solo che a me personalmente non piace e che ritego che, se non si e' tecnicamente o organicamente in grado di portare dal vivo un certo qual brano, secondo me e' meglio non proporlo affatto piuttosto che eseguirlo con l'ausilio massiccio di materiale preregistrato.
Mi sono invece piaciuti molto gli effetti scenici: le luci montate su dolly e mosse su rotaie, il cerchio col drappo cilindrico... Cose poco costose ma di grande effetto scenico e coreografico. Otto cameramen sospesi per generare sui video immagini computerizzate forse gia' viste ai tempi dei Kraftwerk, ma comunque interessanti. Il palco di Gabriel da' lavoro a molto personale e credo che la cosa sia voluta.
Jennie Abrahmson ha dignitosamente fatto le veci (le voci?) di Kate Bush: e' stata brava e merita un plauso anche solo per aver avuto il coraggio di affrontare l'impossibile confronto con Kathy.
Il concerto e' comunque andato in crescendo e la parte piu' emozionante e' stata sicuramente l'ultima. Anche Peter sembrava acquisire via via energia e la conclusione con Biko e' stata di grande atmosfera. Il pezzo e' stato dedicato ai 43 ragazzi assassinati in orribili circostanze dai narcotrafficanti messicani con la complicita' della polizia e della politica locale.
Chi di voi c'era?