Gryphon - Red Queen To Gryphon Three 1974Malcolm Bennett Bass
Brian Gulland Bassoon, Horn, Recorder, Krummhorn, Hardhat
Ernest Hart Organ
Richard Harvey Horn, Keyboards, Recorder, Wind, Krummhorn
Philip Nestor Bass, Guitar (Bass)
David Oberle Percussion, Drums, Tympani [Timpani]
Pete Redding Bass, Guitar, Bass (Acoustic)
Graeme Taylor Guitar
Non il pathos greco dei Genesis né la psichedelia dei Pink Floyd.
Non l'onirico universo degli Yes né il prog-folk dei Jethro Tull.
Niente dei maestri del Prog, i King Crimson, e niente neanche dei Renaissance.
Non la ricchezza vocale dei Gentle Giant e niente ancora che ricordi lo space-rock.
Men che meno...Canterbury & Co.
Eppure...un vero capolavoro del Prog.
Inglesi, sconosciuti o quasi al grande pubblico, i Gryphon producono in piena epoca progressive sicuramente il loro album migliore,
Red Queen To Gryphon Three , un concept album incentrato su una partita a schacchi (
Opening Move e
Checkmate il primo e l'ultimo dei 4 brani dell'album).
Niente voci.
Corni e fagotti ( !!! ) spesso in primo piano.
Strumentisti,
tutti, eccezionali; Richard Harvey alle tastiere (synth compreso), in special modo, dimostra di non aver nulla da invidiare ai mostri sacri del tempo, mentre il drumming di Oberle è talvolta davvero impressionante.
L'influenza immediatamente riconoscibile è quella della musica pre-rinascimentale, in buona parte dovuta proprio all'uso di strumenti tipici dell'epoca.
La prima impressione è quella di trovarsi di fronte a un'opera unica, un capolavoro che si differenzia dagli altri del Prog (
Selling England e
In the Court, ad esempio) prima di tutto per l'assenza della voce solista; molto meno elettrico, inoltre, di ciò che all'epoca andava in onda, più teso verso una ricerca acustica con echi di riferimento (anche se lontani) al suono dei
Pentangle, gruppo però anch'esso in cui la voce (e che voce...) risultava determinante.
A un primo approccio risulta forse un album 'difficile', e l'impressione particolare di 'corpo vuoto' rispetto ai pieni musicali e alla potenza di alcune aperture crimsoniane, ad esempio, lascia perplessi; quasi non sembra un album Prog, poi....
Poi...l'ascolto stesso...scende un po' più in profondità.
Le sonorità sono ricche e sempre equilibrate; complesse sono le strutture dei 4 brani che durano in media 10 minuti ognuno.
L'uso delle tastiere è sapiente, e la formazione pianistica è chiaramente classica; l'orchestrazione e gli arrangiamenti sono sempre attinenti al
mood del brano; la chitarra acustica è 'perfetta' sia nella tecnica esecutiva che negli interventi.
La sintonia tra il basso e la batteria ricorda...molto jazz.
I fiati sono sempre al posto e al momento giusto e spesso il dialogo tra le infinite linee melodiche (in continuo mutamento di ritmo e tonalità) degli strumenti sembra trovare una leggerezza sconosciuta a tutto il Prog...noto.
Lament è probabilmente il brano che resta di più, già dopo pochi ascolti; un gioiello del Prog, in assoluto, con un 'canto' melodico iniziale straordinario.
Il lavoro compositivo è eccellente in tutto l'album, tranne forse in
Second Spasm, forse (
forse...) l'episodio di spessore minore dei 4 brani.
Senza dubbio
Opening Move è il momento in cui il Prog è più riconoscibile;
qualcosa ci ricorda appena dopo un minuto il Wakeman delle 'Sei Mogli' per poi cambiare in...
qualcosa di veramente altro, che, forzando un po' per voler proprio a tutti i costi trovare
assonanti similitudini riporta alla mente La Locanda delle Fate.
Checkmate, lo scacco-matto finale, è il brano forse più interessante dal punto di vista tecnico-compositivo; sembra in continua evoluzione verso un momento armonico dominante, mentre dopo stacchetti di varia natura timbrica...ricomincia da capo, con il tema iniziale ripresentato da strumenti diversi, il tutto finché si arriva ai 90" finali, una tra le 'chiusure' più originali di tutto il Prog, dove per l'ennesima volta...si ripresenta il tema iniziale ( !! ) con la batteria che segue a tratti le figure ritmiche della melodia, appunto poco prima di uno 'stop' dato dall'organo, dal piano e dal timpano; un
cut asciutto, essenziale come tutto questo lavoro dei Gryphon dove veramente nulla sembra essere mai fuori posto.
L'armonia totale.