Eccomi caro Dalex e cari tutti!
Sicuramente è stato un bellissimo spettacolo, al quale sono stato felicissimo d'aver preso parte!
Mi trovavo in tribuna d'angolo, quindi quasi alla massima distanza dal palco, ma mercé la pendenza esagerata delle gradinate non avevo nessun capoccione che impallasse l'Agnello, che magnificavo grazie al mio fido binocolino da teatro.
Il tempo vola ed è stato impossibile per me non fare il confronto con lo storico concerto di Torino, vicino nella memoria ma ormai assai lontano nel tempo: 2014, quasi dieci anni fa, con frapposta la cesura di questa pandemia disastrosa. (Per chi avesse piacere d'effettuare il medesimo confronto con quanto scritto allora,
il thread si trova qui; abbastanza interessante constatare l'avverarsi del mio vaticinio riguardo il fatto che Banks avrebbe ceduto alla presenza di coristi esterni (quale orrore!) su un palco dei Genesis, sebbene alla fine sia accaduto non per supportare Peter ma per supportare Phil
).
La nota positiva è che, vocalmente, Peter mi è sembrato migliorato e anche di molto. Non solo ha cantato tutto "in chiave", ma ha osato anche qualcuno dei suoi tipici
falsetti ingolati, con esiti tutt'altro che disdicevoli. Un vero abisso rispetto a Torino 2014, concerto cantato quasi tutto un'ottava sotto, e per lunghi tratti addirittura
recitato in stile Pippo Baudo. Forse la raucedine millantata in quell'occasione non era fittizia. Tuttavia, nuovamente è emerso con chiarezza in molti punti che vi sono copiose basi preregistrate; veramente clamoroso l'esempio di Solsbury Hill in cui tutti "lavoravano di cesello" ma l'obbligato di chitarra acustica su cui si reggono tutte le strofe lo suonava... nessuno! A questo punto lecito domandarsi: cos'è dal vivo e cosa no? Possibile che qualche sovracuto giunga non propriamente dal microfono in mano all'Arcagnolo Gabriello? Chi può dirlo...
Altra questione delicata: lo stato di forma di Peterone.
Già nel 2014 ebbi a lamentarmi di quanto lo ritrovai improsciuttito; tuttavia un abbigliamento "tecnico", quasi paramilitare in nero, unito ad una serie di studiate pose ieratiche (semistatiche
) riuscivano ancora a stupire e a dare un forte pathos alla sua gestualità. Non così ieri sera, quando il buon Peter, complice anche un abbigliamento sempre nero ma di foggia - verbigrazia - "ottocentesca", caracollava sul palco ricordando un tenero Winnie The Pooh o un sornione Oliver Hardy. Già mi par d'udir mormorare: "e va beh, son passati altri dieci anni...". E d'accordo, vero; ma io continuo a pensare che con un po' di moderazione nel mangiare e soprattutto con un po' di ginnastica leggera, la presenza scenica di Peter potrebbe ancora esser degna di lui.
Ma passiamo alla scaletta:
PARTE 1Washing of the Water (acustica)
Growing Up
Panopticom
Four Kinds of Horses
i/o
Digging in the Dirt
Playing for Time
Olive Tree
This is Home
Sledgehammer
PARTE 2Darkness
Love Can Heal
Road to Joy
Don’t Give Up
The Court
Red Rain
And Still
What Lies Ahead
Big Time
Live and Let Live
Solsbury Hill
BIS:In Your Eyes
TER:Biko
Le prime due canzoni sono state cantate in modalità "semiacustica", col complesso seduto in cerchio attorno ad un finto fuocherello (acceso a sua volta da Peter con la finta scintilla di una lampadina elettrica calata dal soffitto
). Sezione ottima, che anche in questo caso ho gradito molto più dell'inizio sbrodolatissimo dell'ormai lontano concerto torinese (smozziconi al pianoforte di canzoni non finite, con testo incompleto eccetera). Bello il palco, sovrastato da un grande cerchio bordato di luci che funge anche da schermo, con ai lati sei specchi che riflettono fasci di luce in vario modo e varie direzioni: originale senza essere esagerato. Sullo sfondo schermi rettangolari verticali (che nel brano Home si sono trasformati in librerie, con un effetto "domestico" di sorprendente efficacia).
Peter ha parlato molto in italiano, talvolta anche a braccio. Sugli schermi scorreva una trascrizione automatica delle sue parole talmente infarcita d'errori marchiani al punto da risultare comica - non ho veramente capito il senso di questa cosa; era forse voluta, intendeva mostrare la fallacità dell'intelligenza artificiale? Mah!
Si è già detto molto circa il repertorio, che mescola canzoni classiche (ma che quasi più nulla concedono ai primi quattro dischi di Peter "periodo Charisma"!) con canzoni nuove in larga parte non ancora diffuse, o "pubblicate" che dir si voglia. Superfluo, scontato aggiungere che le più gradite dal pubblico sono state quelle classiche. Riguardo le nuove, si va dalla sufficienza piena di Panopticom (dal vivo rende meglio) ad un lento talmente tedioso da avermi fatto distrarre alle liriche da tema di terza media di I/O ad un'altra canzone stramba con un ostinato di flautino che ricordava nientemeno che la sigla dei Banana Split (
) riscattate però da un altro lento che viceversa mi è piaciuto moltissimo e che non vedo l'ora di poter riascoltare su CD - chiedo venia per la genericità dei commenti ma la scaletta ovviamente è stata redatta a posteriori: tranne le tre canzoni già sentite in versione bright/dark ignoravo il titolo delle altre fino a cinque minuti fa.
Come sempre grande attenzione di Peter non solo per i suoi musicisti (nota di merito particolare per la violoncellista Ayanna Witter-Johnson che ha affrontato Don't Give Up in duetto con un'agilità vocale impressionante) ma anche per tutti i tecnici, i
roadies e gli organizzatori dell'evento - son quelle differenze rispetto agli altri artisti che lo rendono particolarmente amabile.
Concludendo: un concerto oggettivamente più riuscito di quello di Torino 2014 (il quale però per qualche oscura ragione mi aveva lasciato un ricordo positivo alla distanza), quasi una rinascita vocale per Peter, ma con un po' di perplessità da parte mia riguardo le nuove canzoni.