Se n'è improvvisamente andato a 80 anni d'età - non pochi per un uomo, ma nemmeno tanti - il leggendario batterista dei Rolling Stones Charlie Watts.
Gli ero molto affezionato fin da bambino: storicamente il primo complesso con cui entrai in grande sintonia furono proprio i Rolling Stones (ed è un po' paradossale che, dopo essermi appassionato al rock progressivo, abbia trascurato di seguire diligentemente la loro discografia, che non conosco bene come dovrei e con parecchi buchi da tappare); in particolare simpatizzavo per il suo aspetto composto e rassicurante in contrasto con gli eccessi del duo Jagger/Richards, oltre che ovviamente per il suo particolarissimo drumming, uno tra i pochi immediatamente riconoscibili, soprattutto grazie al suo vezzo del "missed hit" sul charleston. L'entusiasmo era tale che per anni chiesi insistentemente ai miei genitori di farmi frequentare un corso di batteria, cosa che naturalmente mi fu negata com'era consuetudine in quegli anni.
Batterista unico sebbene - per sua stessa modesta ammissione - dalla tecnica non stratosferica, era comunque molto ricercato per il suo personalissimo stile anche in ambito jazz, genere che aveva continuato a coltivare per tutta la vita. Altra particolarità: non si era mai lasciato tentare da batterie ultracomplicate com'era di moda (anche per chi non sapeva sfruttarle come si conviene...) all'epoca: credo non sia mai andato oltre la classica configurazione rullante - doppio tom - timpano, sebbene molto spesso, soprattutto nella maturità, lo si vedesse addirittura dietro un tom singolo.
Aveva destato moderato allarme il suo forfait alla recente tournée estiva, causato dalla necessità di un intervento chirurgico che però non sembrava grave, smorzato dalla sua ormai storica battuta "questa volta sono andato fuori tempo". Nelle sue ultime foto però lo si vedeva dimagrito in modo poco rassicurante.
Con la sua morte sfuma definitivamente il mio sogno di poterli vedere tutti assieme dal vivo.
Riposa in pace, buon vecchio Charlie.
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