UP - 2002

Darkness - Growing up - Sky blue - No way out - I Grieve - The Barry Williams show - My head sounds like that - More than this - Signal to noise - The drop

 

   E' possibile,  per un musicista,  inanellare un terzo album di eccezionale spessore artistico dopo altri due che paiono essere insuperabili?   La risposta è si,  purché si rifletta a sufficienza su quanto si sta facendo.   Forse per questo la gestazione del nuovo album di Peter Gabriel sembrò essere un processo senza fine,  con innumerevoli annunci di una prossima pubblicazione,  la comunicazione ufficiale del titolo alla stampa nel 1998 [12] (avete letto bene: ben quattro anni prima della sua effettiva uscita!) ed infine col surreale incrocio tra esso e la colonna sonora "Ovo" che spazientì anche i fan più flemmatici.
   Quando infine l'opera fece la sua apparizione sugli scaffali dei negozi - a niente meno di un decennio di distanza dal precedente "Us" - le sorprese non mancarono:   mai Gabriel aveva proposto prima un simile avvolgimento di percussioni,  voci e timbri quasi post-industriali;   una elaborata,  cupa,  buia matassa di dieci inestricabili brani di durata media superiore ai sette minuti.   Simili performance cronometriche sono garanzia quasi assoluta di nessun passaggio in radio,  e sono probabilmente la causa dell'inserimento tra i titoli dell'insulso singolo "The Barry Williams Show",  trito episodio di cabaret in stile "Gabriel prima maniera",  da saltare a piè pari mediante l'apposito tàsto del lettore CD.
   Per il resto il disco,  che necessita di infinite sedute d'ascolto prima che la sua bellezza possa essere afferrata e prima che qualche suo passaggio suoni familiare alla memoria,  fa gridare al capolavoro.   I difficili stridori timbrici di Darkness - brano d'apertura - pongono immediatamente l'ascoltatore di fronte alla complessità sonora della nuova opera di Gabriel,  certo di approccio non facile.   Segue la stupenda Growing Up,  brano che sembra realmente necessitare di dieci anni per essere inciso,  in cui si intrecciano con mirabile maestria introversi vortici percussivi e spirali vocali sorprendentemente ariose,  soprattutto nella coda conclusiva.   Discorso analogo per la profonda Sky Blue:   non una nota od un timbro fuori posto,  e la voce del cantautore - supportata dai cori dei Blind Boys of Alabama - a livelli d'intensità che pare impossibile raggiungere.   No Way Out,  con l'alternarsi dei riff folk/jazz allo stupendo ritornello cantato,  ed il climax ascendente di I Grieve,  che si conclude con un ridente inno corale di pura world music,  rappresentano al meglio l'intenzione di Gabriel di creare non semplici canzoni ma autentiche mini-sinfonie.   Superba,  infine,  Signal To Noise intervallata dagli ultimi,  ipnotizzanti vocalizzi tribali di Nusrat Fateh Ali Khan;   il fatto che il cantante pakistano sia scomparso nel 1997 dà meglio di ogni altro dato l'idea della lunghissima gestazione dell'album e della complessità del lavoro svolto.
   Nonostante il fuorviante titolo,  Up è l'album meno solare tra tutti quelli editi dall'ex cantante dei Genesis e sembra quasi volersi ricollegare direttamente all'incompiuto "IV",  riprendendo il filo di un discorso rimasto interrotto dal successo commerciale di "So" e "Us".    E' il disco più sofisticato mai proposto da Peter Gabriel:   una oscura,  complessa,  autentica meraviglia.