Forum di Assago pieno per 3/4 (occorre comunque tener presente che il tour tocca altre 3 città italiane), età media delle persone circa 35/40 anni, ma non mancano gruppi di ragazzi assai più giovani.
Alle 20:20 il pubblico comincia a rumoreggiare, essendo una serata del tipo "An evening with ..." non c'è gruppo di supporto e l'inizio dello show è previsto per le 20:30.
E infatti alle 20:30 in punto si diffondono nell'aria le note della "False awakening suite" brevissima composizione che i DT hanno scritto per utilizzarla come sigla di apertura degli show.
Sull'accordo finale della sigla cade il telo che nasconde la band al pubblico e subito parte il veloce pattern di chitarra dell'intro di "The enemy inside". L'audio non è eccezionale e quando anche basso e batteria si uniscono alla chitarra il suono si impasta terribilmente e le frequenze basse ovattano il tutto. La tastiere sono praticamente sepolte sotto la coltre dei rimbombi e anche la voce di Labrie non si sente quasi. Peccato perchè a me questa canzone non dispiace.
Nonostante i difetti dell'acustica si intuisce però che il gruppo gira da paura. Prego che il fonico riesca a calibrare velocemente i suoi equalizzatori in modo da tagliare le frequenze in risonanza.
Il secondo brano purtroppo è "The shattered fortress" e - a quanto ho letto in Internet - mai scelta lasciò più perplessi i fan. Infatti di tutta la saga degli Alcolisti Anonimi scritta da Portnoy questo ultimo capitolo è quello meno gradevole e, oserei dire, superfluo. Avrei preferito mille volte una "The glass prison" o anche "The root of all evil" ... ma the shattered fortress scorre via per i suoi circa 12 minuti tra noia e disinteresse. Non so se sia a causa del brano che poco apprezzo ma qui l'audio mi sembra ancor peggio di prima.
Finalmente "fortress " termina e arriva "On the back of angels". L'audio ora è più equilibrato, il basso impasta meno e le tastiere cominciano a sentirsi (anche se avrei preferito i cori maggiormente in evidenza) e - come usuale - i potenti riff spezzati di Petrucci aprono la strada verso un ritornello che a me pare molto azzeccato e romantico. Durante la parte del solo di chitarra mi rendo conto che Petrucci è davvero perfetto nell'eseguire i suoi velocissimi fraseggi intricati che spesso aprono poi su note lunghe (non che non lo sapessi ma ogni volta mi stupisce), e nelle note che suona io ci trovo ben più che pura perfezione tecnica.
In genere i guitar heroes "puri" (Satriani e Steve Vai, tanto per fare esempi noti) mi fanno dormire, anche se eseguono le loro cose difficilissime in modo perfetto; la chitarra di Petrucci invece riesce a "prendermi" emotivamente come forse solo quella di Hackett sapeva fare (un Hackett con il turbocompressore).
Dopo è la volta di "The looking glass" un omaggio ai Rush che più omaggio non si può. Ho letto in un intervista che Petrucci da ragazzo era un grande fan del trio canadese, e si nota. L'arpeggio di chitarra distorta che traina il pezzo sembra uscito dalle mani del Lifeson di "Moving pictures" e la canzone, più "pop" rispetto allo standard solito dei DT è molto gradevole. Peccato solo per il finale un pò tronco.
Poi si passa a "Trial of tears" un brano da "Falling into infinity" un album considerato minore nella discografia del gruppo. Non conosco il pezzo per cui lo seguo senza sapere cosa mi attende. La parte iniziale è molto d'atmosfera con una chitarra riverberata e lenta.La qualità del suono ora è quasi perfetta e la maggior parte dei rimbombi sembrano fortunatamente scomparsi. L'impressione su questo pezzo ora che dopo il concerto l'ho riascoltato è ancora migliorata. Dovrei provare a sentire "Falling into infinity" per capire se è davvero così ciofeca o se contiene altre gemme.
A seguire arriva il primo brano interamente strumentale (e che strumentale!): "The enigma machine". I suoni ora sono molto più limpidi (che sia anche per l'assenza della voce?) e il brano corre per il suo tour de force con passaggi da far accapponare la pelle tanto sono intricati. Comunque sul finale il solo di chitarra a note lunghe sul tappeto di tastiere sinfoniche è da brividi ( un po' nello stile di "YYZ" ... ancora i Rush!).
Nel mezzo di questo pezzo Mangini si esprime in un (breve) solo di batteria assai tecnico e contenuto, che per stile mi ricorda un mini assolo di Neil Peart: infatti il batterista ci fa ascoltare anche la melodia iniziale di Enigma machine eseguita su una serie di campanacci.
Non si può dire che manchino i riferimenti ai Rush!
Dopo questa festa ritmico-sonora segue una canzone lenta "Along for the ride", un brano dolce e armonicamente piuttosto convenzionale, al quale la chitarra fornisce arpeggi robusti che vanno a costuirne pian piano lo scheletro fino ad una serie di stacchi più marcati. Il solo di moog finale alla Wakeman sarebbe anche molto bello ...
se solo Rudess avesse scelto un timbro più consono alle atmosfere del pezzo.
A proposito di Jordan Rudess: come pianista, tastierista è davvero incredibile. Basti pensare che tra un tour l'altro dei DT, oltre a lavorare su propri progetti solisti, Rudess trova pure il tempo di dedicarsi a concerti di musica classica
http://www.keystoshredding.com/2013/11/ ... ncert.htmlA parte le sue indiscusse capacità, trovo che il punto debole di Rudess sia nella scelta dei suoni. Al suo esordio con i DT nell'album "Metropolis pt 2" il suo lavoro fu - a mio parere - eccelso. Ma già a partire dall'album successivo "Six degress of inner turbulence" le scelte timbriche di Rudess cominciarono a lasciarmi perplesso. Come esempio di ciò si ascolti la lunga "Overture" della suite che dà il titolo all'album, in cui i timbri orchestral-sintetici mi fanno sì accapponare la pelle ... ma per la sofferenza.
Ma torniamo al concerto.
Come un fulmine partono poi i veloci arpeggi in sincrono del bell'inizio di "Breaking all illusions", un brano che a me piace parecchio. L'intro consiste in 90 secondi circa di goduria sonora seguiti da una parte molto "sospesa" con i reverse reverb sulla voce. Audio quasi perfetto, gran tiro, voce meglio che sull'album, un ottimo mix tra tecnica e sentimento. Il pezzo si anima con i suoi frequenti break virtuosistici della parte centrale, le note di chitarra sono talmente limpide da far sembrare sporche quelle suonate da Gilmour. Gran finale rallentando e fine della prima parte.
Durante l'intermission di 15 minuti (esatti) sullo schermo vengono proiettate alcune finte publicità demenziali che mostrano dei pupazzetti tipo Big Jim che impersonano i componenti del gruppo: c'è il Petrucci con chitarra a scomparsa che si trasforma in Goldrake. C'è il Rudess automatico che premendogli un tastino sulla schiena inizia a muovere velocemente le mani su una simil-tastiera. C'è persino il Labrie completo di microfono di plastica!
A queste spassose pubblicità hanno fatto seguito alcuni frammenti di filmati tratti da youtube che mostrano fans intenti a suonare brani dei DT in vario modo: bande paesane lanciate in improbabili arrangiamenti di "Dance of eternity", orchestrine da ballo alle prese con "Metropolis "... e cose simili,
Tipo questa versione di Finally free per xilofoni e percussioni
http://youtu.be/vrrEry9Da28Fine intermission.
Inizio col mega-riffone lento che caratterizza l'intro di "The mirror", e lo spirito dell'album "Awake" viene ... risvegliato.
Fa un certo effetto sentire Rudess che suona le parti che furono di Kevin Moore, perchè i loro stili sono davvero diversissimi. Però qui Rudess fa un ottimo lavoro rispettando lo spirito originale delle parti di Moore persino nella scelta delle timbriche!
L'audio ora è quasi perfetto e la cascata dei brani tratti da "Awake" - album celebrato in questo tour - scorre suscitando emozioni.
Dopo "The MIrror" e la volta di "Lie" e dopo ancora è la volta di "Lifting shadows off a dream", probabilmente uno dei vertici della produzione dei DT pre-Rudess.
L'esecuzione è perfetta (ma c'è forse ancora bisogno di dirlo?) e come in un sogno si passa a "Scarred", altro brano mitico da "Awake".
"Scarred" inizia con le sue atmosfere rarefatte e pseudo-jazzate per poi irrobustirsi. Si sente fortemente la mano di Moore nella composizione, le parti di tastiere sono meno tecniche e più d'atmosfera, anche se nella seconda metà del pezzo non mancano i fuochi d'artificio tastiera-chitarra.
Labrie canta benissimo e tocca gli acuti non facili del pezzo con agilità, mantenendo espressività.
Penso che non dev'essere facile cantare quasi ogni sera cose così impegnative, considerando pure che ha compiuto i 50 anni.
Un plauso al componente più bistrattato ( spesso ingiustamente) del gruppo.
Bellissimo il giro finale di "Scarred", sarebbe da mettere in loop e ascoltare per ore.
Dopo si arriva alla chicca di questo tour: la prima esecuzione live del pezzo più Kevin Moore di tutti: "Space-Dye vest".
Per chi non lo conoscesse ne consiglio caldamente l'ascolto. Si tratta di un gemma preziosa che indica la strada che Moore avrebbe preso una volta lasciato il gruppo.
La versione live differisce leggermente da quella di studio nella parte finale, dove il gruppo aggiunge un breve solo di chitarra, laddove l'originale aveva solo una melodia di tastiere. Leggo sul web che questa scelta vede i fan discordi, ma considerato che siamo in situazione live la cosa secondo me può avere un suo senso.
In ogni caso il finale è sempre con il piano solo che ripete il giro iniziale. Bellissimo.
Il tempo di riprendersi dalle atmosfere rarefatte di Awake e si torna al presente con il brano "monstre" dell'ultimo album: "Illumination theory", ben 20 minuti in cui succede di tutto e di più. Il gruppo tira come un treno e non saprei trovare una sbavatura , un microritardo di una nota di chitarra o di tastiera o di basso di batteria o di voce nemmeno se me lo pagassero un milione di euro.
L'unico gruppo in vita mia che sentìi suonare con la stessa pazzesca precisione fu quello di Frank Zappa e questo la dice lunga.
Un piccolo imprevisto accade però in sala proprio in coincidenza con la breve parte "sinfonica" centrale , momento in cui il gruppo abbandona il palco lasciando che per circa un paio di minuti "suoni" l'orchestra registrata.
Proprio in quel momento una signora ha la malugurata idea di svenire sulle scalinata del forum un paio di metri più avanti di dove sono seduto io. Intervengono subito i soccorsi, e tutto si risolve bene, anche se a mio avviso anzichè lasciarla su quegli scalini cercando inutilmente di farle bere acqua da una bottiglietta avrebbero dovuto caricarla su una barella e portala appena più fuori per assisterla in condizioni più consone. Comunque tutto è bene ciò che finisce bene.
Quando la mia attenzione torna al concerto il segmento sinfonico è appena terminato e il brano continua con le sue superpirotecniche evoluzioni della seconda parte (ma come cippa fa Mangini, ma anche gli altri - a ricordarsi tutti questi passaggi apparentemente eguali eppure sempre diversi tra loro con gli accenti che shiftano ogni volta? Mistero).
Il finale poi è davvero da brividoni (una specie di versione assai migliorata del finale di "Six degrees") e il buon Labrie canta dritto come un fuso anche laddove temevo potesse non arrivarci. La chitarra di Petrucci emette note lunghissime e limpidissime inframmezzate da piccoli fraseggi veloci e
conduce il lungo brano al termine.
Fine di uno splendido show! No ... aspetta c'è ancora la parte dedicata a "Metropolis pt 2" ed ecco che sullo schermo compare a caratteri cubitali la data 2014 poi il gruppo attacca il riffaccio iniziale di "Overture 1928" (la breve e acustica "Regression" viene saltata) e il contatore inizia a "regredire" fino a fermarsi sulla data 1928 in sync con l'attacco vero e proprio del pezzo.
Questo brano per me ha un significato speciale perchè è il pezzo con cui ho conosciuto i Dream Theater nel 2000. Ricordo che all'epoca rimasi davvero basito nel constatare che c'era chi facesse una musica che mi sembrò un cocktail composto di un 15% di Pink Floyd, un 15% di Genesis un altro 33% di Emerson,Lake and Palmer e un 33% di Metallica.
Da "Overture 1928" si passa (ovviamente, dato che sono un blocco unico) a "Strange deja-vu", e tantissime belle sensazioni mi pervadono, dato che conosco quasi a memoria ogni parola ed ogni nota di quell'album cui sono fortemente legato per svariati motivi.
Il brano successivo sembra però subito smentire la mia affermazione di conoscere ogni nota a memoria. In effetti "Dance of eternity" è talmente complicata che non è facile nemmeno da ricordare, ma forse con l'aiuto di Portnoy (notoriamente tra i fondatori del gruppo ma ormai ex-batterista) ce la si può fare ... nel video qua sotto potete vedere quel simpatico mattacchione che spiega la ritmica della parte finale di questo intricato pezzo
http://youtu.be/FwkcRTNMsWsDopo questo esercizio di bravura capace di stroncare un bisonte è il momento del brano finale dell'album (e del concerto): "Finally free".
E' un brano molto intenso ed emozionante, in esso vengono rivelati i veri eventi relativi al duplice omicidio che sta alla base della storia dell'album. Avendo sentito alcune registrazioni live passate devo dire che il modo in cui il gruppo la eseguiva non sempre mi era sembrato all'altezza. Soprattuto il buon Labrie che in passato ha avuto seri problemi alla gola, su questo pezzo (che per ovvie ragioni era l'ultimo del concerto) spesso era sfiatato e stonava, rovinandone il pathos. Ma ora non più, guarito completamente da una fastidiosa infezione alla gola che quasi lo aveva messo fuori combattimento in modo definitivo, ora Labrie alle note ci arriva e la sua interpretazione è davvero grande.
Dopo la scena dell'omicidio, sottolineata da rumori di colluttazione, urla e quattro colpi di pistola (cosa che ricorda un po' gli effetti sonori inseriti in "The knife" dei nostri Genesis) parte un'emozionante botta e risposta del cantante con il pubblico sul verso One last time
One last tiiiiiime
we'll lay down today
One last tiiiiiime
until we fade away
One last time...
Il pezzo suonato e cantato come si deve è davvero molto bello, l'unica cosa che posso sottolineare - più come constatazione che come critica - è
che sulla parte finale del pezzo, quella su cui Portnoy inseriva continue variazioni ritmiche davvero fuori di testa, Mangini si limita un pochino
e resta leggermente in secondo piano. Peccato.
Lo show è finito, i musicisti sono fisicamente a pezzi ma soddisfatti, il pubblico è appagato; dopo due ore e quarantacinque di musica tosta è ora di andare a casa, o - nel caso loro - a riposare.
Durante il viaggio di ritorno le note ascoltate nelle ore precedenti continuano a girarmi in testa e mi ritrovo improvvisamente a canticchiare tra me e me:
"This feeling
inside me
finally found my life
I'm finally free
No longer
torn in two
I learned 'bout my life
by living through you"