Martin Luther King “L’uomo che aveva un sogno”, il leader afroamericano, a 40 anni dall’assassinio. (Atlanta, 15 gennaio 1929 – Memphis, 4 aprile 1968)
Martin Luther King nacque nella città di Atlanta, nello Stato della Georgia, il 15 gennaio 1929. Il padre, Martin Luther King senior, era pastore della Chiesa battista, la mamma una maestra.
Nella primissima infanzia il piccolo Martin era solito giocare con i bambini bianchi del quartiere, ma, con l’inizio delle scuole elementari, accaddero alcuni fatti incomprensibili che rattristarono il bambino negro: fu escluso dai giochi dei suoi vicini di casa e, addirittura, essi ebbero il severo divieto di parlare con lui. Martin non riusciva a farsene una ragione: non aveva fatto loro alcun dispetto, non li aveva offesi in alcun modo, perché lo allontanavano? Invano la mamma cercò di rasserenarlo parlandogli di cosa significava essere di colore e vivere in uno Stato del Sud, gli raccontò delle lontane origini africane, della lunga e terribile schiavitù sopportata dalla sua gente, della Guerra di Secessione che aveva dato loro, almeno formalmente, la libertà. Negli anni seguenti studiò con passione, con rabbia, in scuole rigorosamente segregate, per porre un qualsiasi rimedio a quello stato di cose; sognava di diventare avvocato per essere di aiuto ai suoi fratelli di colore, nell’utopistica idea di una giustizia universale.
Durante l’adolescenza, nel tempo in cui frequentava il “Morehouse College” grazie ad un insegnante, capì l’importanza della religione: solo la fede in Dio permetteva ai fratelli negri di sopravvivere e di credere che “Lassù Qualcuno li amava”.
Martin L. King esclamava: “…L’America è la nostra patria, nell’esercito di George Washington, nella guerra per la nostra indipendenza, c’erano anche cinquemila soldati negri…! Perché, un essere umano deve essere disprezzato per il differente colore della sua pelle?” Il modello di lotta che ispirava la sua teoria era quello proposto da Gandhi: la non - violenza. Le sue prediche incominciarono a renderlo famoso tra i suoi fratelli di razza e non solo, la sua battaglia per i diritti civili stava attirando un numero di proseliti sempre più numerosi.
L’impegno di Martin Luther King è condensato nella “Letter from Birmingham Jail” (lettera della prigione di Birmingham), scritta nel 1963, che costituisce un’appassionata enunciazione della sua indomabile crociata per la giustizia. Unanimemente riconosciuto apostolo della resistenza non violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, M. L. King si è sempre esposto in prima linea affinché fosse abbattuta nella realtà americana degli anni ’50 e ’60 ogni sorta di pregiudizio etnico.
Nel 1964, gli fu assegnato il premio Nobel per la pace e il papa Paolo VI lo ricevette in Vaticano. Il 4 aprile dell’anno 1968 si recò a Menphis per partecipare ad una marcia a favore degli spazzini della città (bianchi e neri), che erano in sciopero. Mentre, sulla veranda dell’albergo, s’intratteneva a parlare con i suoi collaboratori, dalla casa di fronte furono sparati alcuni colpi di fucile: Martin L. King cadde riverso sulla ringhiera, pochi minuti dopo era morto. Approfittando dei momenti di panico che seguirono, l’assassino si allontanò indisturbato.
Pochi giorni dopo, ad Atlanta, si svolsero le esequie di M. L. King, a cui intervennero migliaia di persone, tra le quali Marlon Brando e Nelson Rockefeller. Il killer fu arrestato a Londra circa due mesi più tardi, si chiamava James Earl Ray ed aveva già dei precedenti per rapina, alcolismo e spaccio di dollari falsi. Al processo fu condannato a novantanove anni di reclusione, ma, qualche anno dopo, riuscì ad evadere. Dopo essere stato catturato nuovamente, rivelò che non era stato lui l’uccisore di Martin Luther King, anzi sosteneva di sapere chi fosse il vero colpevole. Nome che non poté mai fare perché fu accoltellato la notte seguente nella cella in cui era rinchiuso. Ancora oggi il mistero rimane insoluto, alcuni sostengono che ci siano troppe analogie tra il caso King ed il caso Kennedy per trattarsi solo di semplici coincidenze; comunque, il o i colpevoli, se sono mai esistiti e se sono ancora vivi, continuano ad essere sconosciuti.
Certo è che tra la gente di colore rimarrà vivo il suo sogno “I HAVE A DREAM” è la frase con cui viene identificato il discorso tenuto da Martin Luther King il 28 agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington al termine di una marcia di protesta per i diritti civili. Un brano estratto dal discorso, contenente questa famosa frase è il seguente: I HAVE A DREAM… Ho un sogno, che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: “Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali”.
Veronica Tramontana per LibertàSicilia.com, quotidiano di Siracusa