...favore che ricambio piu' che volentieri, vecchio mio, anche se la discografia dei Kraftwerk e' molto piu' lineare in quanto si trattava di autori non molto prolifici e che passavano anni in sala d'incisione a costruire fisicamente nuovi strumenti, calcolatori elettronici parlanti, percussioni sia elettriche sia attivate dal passaggio delle mani attraverso fasci di luce e altri fantastici marchingegni.
Devo purtroppo dire che se The Robots ti e' sembrato inascoltabile non andrai molto lontano: e' uno dei loro pezzi piu' orecchiabili, contenuto in un album tra i piu' orecchiabili...
La genialita' dei Kraftwerk comunque e' tutt'altro che "inconscia", si tratta anzi di musicisti molto colti (anche ricchi, di buona famiglia e ottimamente istruiti); conoscevano - tanto per dire - Stockhausen a menadito, ed erano stati suoi allievi. Anche il loro punto d'arrivo non e' un "impazzimento robotico" ma al contrario, un lungo percorso molto coerente di continua ricerca che li ha portati alla fine all'estremo: ad identificarsi in modo anche fisico con delle macchine, al punto da giungere ad inviare al posto loro dei manichini robotizzati alle interviste con la stampa (che non gradi', anzi s'incavolo', e inizio' forse li' il loro inevitabile declino). Sono futuristi consci di esserlo, e avrebbero fatto la massima gioia di Russolo e Marinetti.
Se ti piacciono i paragoni arditi, ritengo che in musica i Kraftwerk abbiano fatto un percorso parallelo a quello che Mondrian ha fatto nella pittura figurativa. La loro musica oggi appare inevitabilmente molto datata. Ma
deve apparire datata, aggiungo io: essa era musica di frontiera, creata con gli strumenti tecnologici e informatici all'epoca piu' all'avanguardia, e dunque legata a doppio filo alla tecnologia di quagli anni. E' bella e interessante
proprio per quello.
Non hai affatto torto individuando in poche persone (in realta' due) il nucleo dei Kraftwerk: si tratta di Ralf Hutter e Florian Schneider. Dopo varie esperienze con altri protagonisti del nascente
krautrock (nome stupidissimo che non da' affatto giustizia al genere, ma tant'e') su cui non mi dilungo, i due formano un duetto stabile facendosi chiamare per lo piu' Ralf & Florian, o Kraftwerk in varie formazioni. I primi album (Kraftwerk 1, Kraftwerk 2, Ralf und Florian, Autobahn) sono ovviamente sperimentali e un po' privi d'un vero filo conduttore, e te li sconsiglio tutti (sebbene la grande divinita' azteca Estiqqatsi, anche nota come il divo Percuoco su questi schermi, avesse un vero e proprio culto per Autobahn, per cui prima o poi sarebbe sicuramente da ascoltare, ma magari non per primo dico io). E' di questa fase comunque - soprattutto in Ralf und Florian - il flauto elettrico che ricordavi.
Per come vedo io le cose (altri non saranno d'accordo) i Kraftwerk "veri", quelli che hanno lasciato il segno, sono quelli della classica formazione a quattro, ossia Ralf & Florian piu' i due celebri percussionisti Wolfgang Flur e Karl Bartos. Questi ultimi, strumentisti fenomenali, vengono in realta' relegati da Ralf & Florian al ruolo di semplici impiegati stipendiati. I due li ripagano in tournée della stessa moneta: dividendosi nei rispettivi letti tutte le
fan, a cui comunque Ralf & Florian, apparentemente asessuati, non sembrano interessarsi. Sta di fatto che, con buona pace di Ralf & Florian, l'apporto di Wolfgang Flur e Karl Bartos secondo me e' fondamentale; prova ne e' che quando i due percussionisti cominceranno a disinteressarsi delle sorti del complesso perche' spesso sostituiti da sequencer, i Kraftwerk sprofonderanno nel dimenticatoio.
Il primo album "opera compiuta", con la formazione a quartetto, e' Radioactivity. Da appassionato di radiotecnica ed elettronica valvolare, questo album mi fa letteralmente impazzire. Anche per i non maniaci di radio a valvole e' comunque a tutti gli effetti gia' un album congruo, coerente, con le classiche componenti kraftwerkiane: suoni elettronici, percussioni elettroniche, liriche asciuttissime ma ficcanti e ripetute serialmente, nel tipico inglese molto algido e distaccato rafforzato da un vago accento tedesco. Insomma: c'e' la serialita' di scuola stockhauseniana nei brevi quanto geniali obbligati strumentali e percussivi.
Segue Trans-Europe-Express, secondo me (e non solo secondo me) l'album capolavoro. E' un viaggio ferroviario virtuale nella nuova Europa unita. I quattro fanno i conti col passato del loro paese facendosi ritrarre (provocatoriamente, ma molti fraintenderanno) nelle pose e nelle citta' visitate dalla Hitlerjugend della Germania-bene negli anni '30. Il brano omonimo (Trans Europe Express) e' secondo me il loro punto d'arrivo assoluto: algido, ossessivo, con obbligati stupendi e un crescendo strumentale martellante.
Siamo all'uomo-macchina: Die Mensch Maschine di cui ti sovvengono i quattro nella celebre fotografia in camicia rossa e rossetto, ove omaggiano i costruttivisti russi. Sempre da li' viene il brano d'apertura The Robots che avevi gia' ascoltato: brano apparentemente facile, ma... presta orecchio al lavoro percussivo di Flur e Bartos e renditi conto di cosa stanno facendo! L'album nel complesso e' sempre molto buono, se vogliamo un po' piu' d'ascolto facile dei precedenti, e purtroppo difatti si inizia (gia') a svaccare con brani da classifica come il banale The Model (ahime' non nel senso di un nuovo modello di robot ipertecnologico ma proprio in quello di una fotomodella ipergnocca
).
Con Computer World (1981) i Kraftwerk riescono addirittura ad anticipare la rivoluzione degli home computer (il picco di vendite del Commodore VIC 20 si avra' solo nel 1982). Il disco e' quasi tutto "cantato" (si fa per dire) da macchine: sintetizzatori vocali, macchine giocattolo (si riconosce anche il timbro del nostrano Grillo Parlante Clementoni, il cui progetto se non erro era della Texas Instruments), calcolatori, in tutte le lingue del mondo. Si distingue difatti anche un conteggio in italiano: uno - due - tre - quaaatro (sic!). L'album comunque e' sempre (a suo modo, ovviamente) ascoltabile e anche piacevole.
Con Electric Cafe', il canto del cigno dei Kraftwerk, i quattro hanno una svolta decisamente acida e criptica, ancor piu' sperimentale. Vorrebbe essere un album di un genere nuovo, che spalanca ancor piu' le porte a rumori e ossessioni future, ma destino vuole che sia invece l'ultimo atto della musica elettronica. Percussioni di scariche, fruscii, crepitii, rendono il disco il piu' "duro" tra quelli composti dalla formazione classica. Ha fatto epoca ed e' comunque interessante, ma direi da riservare per approfondimenti e non per primi approcci.
Forse perche' il picco puo' dirsi ormai raggiunto, il quartetto molla la presa. Ralf & Florian danno completamente di testa e da macchine robot fanno una svolta di 180° trasformandosi in vegetariani iper-sportivi ossessionati dal ciclismo. Costringono anche i malcapitati
bohemiénne Flur e Bartos ad estenuanti corse ciclistiche. Ralf Hutter fa una brutta caduta su strada che quasi lo ammazzera'; vista la mala parata Wolfgang Flur decide che per lui e' troppo e lascia i Kraftwerk. Alcuni anni dopo, senza che i Kraftwerk abbiano prodotto piu' nulla di significativo, molla anche il secondo percussionista Karl Bartos. Il frutto di questi anni travagliati e' lo strano disco postumo e raccogliticcio Tour De France (2003). Da li' in avanti il complesso, con varie sostituzioni (alla fine sara' sostituito lo stesso fondatore Florian Schneider!), esistera' ancora ma non pubblichera' praticamente piu' nulla, limitandosi ad alcune tournée nostalgiche.